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Bitcoin a 86.000 dollari, mercato cripto vale 3.000 miliardi - Notizie - Ansa.it

Bitcoin a 86.000 dollari, mercato cripto vale 3.000 miliardi – Notizie – Ansa.it


Bitcoin record oltre gli 86.000 dollari e dollaro in grande spolvero, sui massimi da giugno contro l’euro. E se non basta, Tesla, l’auto elettrica dell’alleato Elon Musk, oltre i mille miliardi di euro di capitalizzazione. Va in onda il ‘Trump trade’, il riposizionamento degli investitori sui titoli grandi vincitori della rivoluzione in arrivo alla Casa Bianca e negli equilibri globali.

E il caso più eclatante riguarda il più famoso dei cripto-asset. Dopo la bastonata delle banche centrali e della regolamentazione globale nei confronti di un investimento ‘vuoto’, senza né sottostante né la garanzia di una banca centrale (e del bilancio statale) come è per le valute, negli anni dalla Fed alla Bce era tutto un avvertire che le ‘cripto-valute’ non esistono. Sono dei ‘token’, dei gettoni, tutt’al più dei ‘cripto-asset’ perché non fanno né da unità di conto, né da mezzo di pagamento né da riserva di valore.

Per di più altamente rischiosi perché speculativi e iper-volatili. Con Trump è dietro-front: durante la campagna estiva aveva promesso una “riserva strategica” di bitcoin, vuoi per mettere gli Usa al centro dell’innovazione della finanza digitale, vuoi per una spallata al vecchio ordine valutario, condita da diffidenza nei confronti delle liturgie della Fed il cui presidente Jay Powell sarebbe fra i primi ad essere silurati. Ora il presidente eletto intende passare all’azione, mentre il suo braccio destro tecnologico e prossimo esponente dell’Amministrazione Trump, Elon Musk, sulla piattaforma X, appoggia alle richieste di abolire la Federal Reserve.

Fatti che in altri tempi avrebbero destabilizzato i mercati. Oggi invece per gli investitori è l’occasione di una fuga in avanti che oggi ha fatto volare il bitcon a nuovi record di sempre fin sopra gli 86.000 dollari, col mercato dei derivati che scommette sul raggiungimento dei 100.000 entro fine anno. Col balzo di oggi, il mercato delle criptovalute torna a valere più di 3.000 miliardi di dollari per la prima volta in tre anni. Una corsa rinforzata dalla conquista di Trump del Senato, e probabilmente dell’intero Congresso, che trascina altri operatori facendo volare di oltre il 17% coinbase. E che non sfugge all’occhio attento della Lega, che con emendamenti alla manovra punta a sopprimere l’aliquota sulle cripto-attività al 42% facendola tornare al 26%, e a istituire un tavolo permanente fra le associazioni più rappresentative dei prestatori di servizi di cripto-attività.

Grazie alla recente apertura della Sec Etf, fondi che replicano l’andamento dei cripto-asset, bitcoin da inizio anno segna +95% sospinta da una robusta domanda ormai anche ‘istituzionale’, e dai tagli della Fed, con rendimenti che superano quelli dell’oro e della Borsa. Smontati in poche ore gli sforzi di una regolamentazione più attenta nei confronti di piattaforme di scambio spesse opache, decine di meeting G7 su come proteggere risparmiatori poco accorti nei confronti di fluttuazioni violente, con l’Europa punta di lancia dei ‘regolatori’ globali col suo regolamento Micar che rischia di finire sotto gli strali di Trump al pari del Digital Services Act per quel che riguarda le piattaforme social. Col ‘Trump trade’ vola anche Tesla, +8,5%, e il dollaro raggiunge quota 1,0661 sull’euro: c’è chi scommette sul raggiungimento della parità nei prossimi mesi. Ma è il dossier ‘cripto’ ad agitare i sonni di più di un banchiere centrale fra le due sponde dell’Atlantico. Fed e Bce hanno già abbastanza gatte da pelare con i tassi: la prima ha appena tagliato per la seconda volta, con Powell che procede cauto ma vede all’orizzonte pressioni crescenti. La Bce seguirebbe a ruota con una nuova riduzione che a dicembre porterebbe i tassi al 3%: nessuno si fida troppo del rimbalzo della crescita dell’area euro allo 0,4% a giugno-settembre e c’è da preparare l’economia al colpo in arrivo dai dazi che Trump ha messo in cima al suo programma. Ma c’è anche il rischio che un euro troppo debole finisca per importare inflazione. Limitando lo spazio di manovra di Francoforte.

   

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