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La crisi abitativa portoghese

La crisi abitativa portoghese


Alla fine di settembre migliaia di persone hanno manifestato a Lisbona per il diritto alla casa. L’obiettivo era spingere il governo a varare misure che facciano scendere i prezzi delle abitazioni e “mettere in discussione” gli interessi dei proprietari e delle banche. Si è trattato della quarta manifestazione negli ultimi dodici mesi organizzata dalla rete di associazioni e attivisti Casa para viver, a cui hanno preso parte almeno 22 città portoghesi. Tra le richieste portate in piazza c’erano la lotta alla speculazione immobiliare, valorizzando “a prezzi sociali” gli immobili sfitti di proprietà dello stato, dei grandi fondi immobiliari e delle imprese, e il rafforzamento dell’edilizia pubblica.

Fino a qualche anno fa una manifestazione simile sarebbe stata inusuale in Portogallo: tra il 2011 e il 2014, in seguito alla crisi finanziaria, nel paese fallirono quarantamila imprese edilizie e immobiliari, messe in ginocchio da un eccesso di case che nessuno voleva comprare. Ma, come ha scritto il settimanale Visão, in appena dieci anni il paese si è trasformato da un posto in cui molte case restavano vuote in uno in cui poche famiglie possono permettersi di comprare casa.

Le ricadute sociali ed economiche sono enormi in un paese che si è ripreso con grandi sacrifici dal crollo finanziario del 2011 (oggi i conti pubblici portoghesi sono tra i più in salute dell’eurozona), ma fa fatica a trattenere molti giovani, soprattutto quelli più istruiti (tra il 2008 e il 2023 circa 361mila portoghesi fino a 35 anni hanno lasciato il paese in cerca di lavori retribuiti meglio all’estero), e vede aumentare il numero di abitanti che non arrivano alla fine del mese (secondo un rapporto di Pordata, un portale di statistica legato alla Fundação Francisco Manuel dos Santos, nel 2022 c’erano quasi due milioni di persone che vivevano con meno di 591 euro al mese).

Il governo conservatore guidato da Luís Montenegro, leader del Partido social democrata (Psd), ha inserito nella legge finanziaria per il 2025 una misura che prevede un regime fiscale agevolato di dieci anni per i giovani: in particolare chi ha meno di 35 anni e guadagna fino a 28mila euro all’anno non pagherebbe tasse il primo anno e riceverebbe un’esenzione del 75 per cento fino al quarto anno, una del 50 per cento fino al settimo e poi del 25 per cento fino al decimo. L’approvazione della proposta, come quella dell’intera finanziaria, dipende dall’opposizione: il Psd, infatti, guida un esecutivo di minoranza, che sta in piedi grazie all’astensione del Partido socialista (Ps).

Ma le tasse sono solo uno dei fattori a cui guarda una persona quando decide dove vivere. Influiscono anche i servizi, e ovviamente conta la casa. Visão fa l’esempio di Nelson Vassalo, 38 anni, proprietario di una piccola azienda informatica, che sta pensando di emigrare. Non riesce a comprare casa a Lisbona a un prezzo che lui ritiene accessibile (250mila euro) e intanto il suo vecchio contratto d’affitto per un appartamento di 80 metri quadri nel quartiere popolare di Penha de França è prima passato da 850 a 930 euro e poi non è stato rinnovato. Vassalo cerca casa da tre anni, ma per la cifra che vuole spendere ha visto solo vecchi appartamenti da ristrutturare. Per avere una “casa decente” dovrebbe spendere sui quattrocentomila euro. Ora pensa di lasciare il paese, considerando che la sua azienda ha clienti soprattutto negli Stati Uniti e che alla sua età, superiore ai 35 anni, non ha diritto a nessuna delle agevolazioni sulla casa in vigore.

Il suo non è un caso isolato, e il problema non riguarda solo Lisbona. Il settimanale Expresso racconta che nella capitale e nelle città che formano l’area metropolitana chiamata Grande Lisboa, come Cascais e Amadora, un alloggio con una camera da letto assorbe in media la metà dello stipendio di una persona. In 35 dei cinquanta maggiori centri abitati del Portogallo va via in media un terzo del reddito, a Porto il 40 per cento.

Questa situazione costringe molte persone a vivere in appartamenti condivisi. Tiago Valente, 32 anni, racconta all’Expresso che vive a Porto da 14 anni e divide un alloggio con altre quattro persone, pagando trecento euro al mese per una stanza, escluse le spese. Valente si è laureato in lettere, ma si guadagna da vivere lavorando per un’azienda che fa controlli sui corsi di veterinaria. Spiega che il problema principale è il salario: con quello che guadagna, alla fine del mese resta senza soldi. Inoltre, per i lavoratori come lui, che hanno un impiego pagato male e precario, l’accesso al credito bancario è di fatto impossibile. Secondo un’indagine recente, nel 2022 lo stipendio mensile medio di un lavoratore dipendente (inclusi straordinari, ferie e premi) era di 1.368 euro. Il Portogallo è il quinto paese dell’Unione europea con il salario medio più basso, considerando il costo della vita, dopo la Slovacchia, la Grecia, l’Ungheria e la Bulgaria. Alcuni settori sono ampiamente sotto la media: nella ristorazione e nell’ospitalità, per esempio, si scende a 873 euro, in quello agricolo a 916 euro.

In Portogallo le case in vendita o in affitto sono costose in rapporto al tenore di vita di molti abitanti e comunque non bastano per soddisfare una domanda sempre più alta. Le misure introdotte dallo stato negli ultimi anni per affrontare il problema si sono rivelate insufficienti: nel secondo trimestre del 2024 il prezzo medio per metro quadro è arrivato a 1.644 euro, un aumento del 54 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Secondo l’Instituto nacional de estatística, negli ultimi dieci anni il rialzo è stato del 129,5 per cento.

La domanda elevata spinge le persone a cercare sistemazioni sempre più lontane dai grandi centri, possibilmente in zone collegate bene. Una di queste è l’area di Setúbal, un grosso centro a sud Lisbona, dove però a causa dell’aumento della domanda il prezzo delle case ha registrato un aumento medio dell’80 per cento negli ultimi cinque anni. Lo stesso è successo nell’area metropolitana di Porto. Il turismo, inoltre, ha favorito la diffusione delle seconde case al mare nell’Alentejo Litoral, dove i prezzi sono saliti del 70 per cento.

L’impatto del turismo sul mercato immobiliare

È una “tempesta perfetta”, sostengono gli analisti. Ana Cordeiro Santos, ricercatrice del Centro de estudos sociais dell’università di Coimbra, spiega che sulla crisi abitativa hanno influito anche fattori macroeconomici. L’enorme liquidità messa in circolazione nel sistema grazie alla politica dei tassi bassi applicata per anni dalla banche centrali ha concentrato molti investimenti nel settore immobiliare. Inoltre, gli interventi con cui lo stato ha più volte concesso sussidi per l’acquisto o l’affitto di una casa hanno paradossalmente peggiorato la situazione: secondo molti esperti queste misure hanno alimentato ulteriormente la domanda e fatto salire ancora di più i prezzi, premiando alla fine dei conti soprattutto i proprietari e gli investitori.

A questo bisogna aggiungere gli incentivi dati al turismo, il diluvio di passaporti – i cosiddetti golden visa – concessi a cittadini stranieri pronti a portare i loro soldi in Portogallo, i generosi incentivi fiscali garantiti ai “residenti non abituali”, un regime che permette a una persona durante dieci anni di beneficiare di un’imposizione fiscale vantaggiosa sui redditi ottenuti in Portogallo o di un’esenzione su gran parte del reddito ottenuto all’estero. Il sistema, in realtà, è stato revocato dal governo precedente, guidato dal socialista António Costa, anche se fino al 31 marzo 2025 è in vigore un regime transitorio che permette di godere di un’imposta sui redditi del 20 per cento (10 per cento per i pensionati) per dieci anni. Non sono contenti i gruppi immobiliari, che premono perché il governo ripristini le vecchie regole. Il quotidiano Diário de Notícias scrive che Hugo Santos Ferreira, presidente dell’Associação portuguesa de promotores e investidores imobiliários chiede la conferma del sistema dei residenti non abituali e dei passaporti d’oro (anche questi ormai sottoposti a forti limiti), perché li considera strumenti indispensabili per attirare gli investimenti stranieri in Portogallo.

Come uscire dalla crisi? La rete di attivisti Casa para viver e alcuni partiti di sinistra, come Bloqo de esquerda, chiedono che nella prossima finanziaria sia approvato l’adeguamento degli affitti al livello dei redditi da lavoro in Portogallo. Inoltre, bisognerebbe impedire lo sfratto per chi non ha alternative al posto in cui abita, abbassare il costo dei servizi bancari, rivedere il sistema di concessione delle licenze per gli alloggi turistici, eliminare definitivamente il regime dei residenti non abituali, i passaporti d’oro per gli stranieri, gli incentivi per i nomadi digitali. Tra le altre richieste, ci sono il rafforzamento dell’edilizia popolare e la revisione della legge del 2012 (la cosiddetta Lei Cristas) che permette di chiudere con facilità i contratti d’affitto e destinare gli immobili ad altri usi.

Ana Cordeiro Santos sostiene che le case non sono poche quanto sembra: secondo la ricercatrice, il Portogallo “è uno dei paesi con il maggior numero di alloggi per abitante”. Santos aggiunge che lo stato dovrebbe immettere sul mercato il suo patrimonio abitativo, anche se molti alloggi vuoti non si trovano nelle zone che soffrono di gravi carenze. Alda Botelho de Azevedo, demografa dell’università di Lisbona, stima che una casa su quattro tra quelle costruite in Portogallo tra il 2006 e il 2021 sia vuota. “In questo momento”, spiega all’Expresso, “non c’è una riduzione del numero di abitazioni. Immettere nel mercato questi immobili vuoti potrebbe bastare a superare l’emergenza”. Ma alcuni grandi gruppi, conclude Azevedo, hanno investito nel settore immobiliare togliendo dal mercato parte degli alloggi, in attesa che il loro prezzo aumenti.

La soluzione su cui punta di più il governo è aumentare l’offerta di appartamenti. Nel suo progetto di legge finanziaria per il 2025 l’esecutivo propone di costruire 59mila abitazioni nei prossimi sei anni, per un investimento medio annuale di 665 milioni di euro. I fondi dovrebbero arrivare in parte da forme di partenariato tra pubblico e privato. Almeno diecimila abitazioni saranno destinate a famiglie in difficoltà. Per favorire il settore edilizio, inoltre, è prevista un’iva agevolata al 6 per cento sulle nuove costruzioni e sulle ristrutturazioni.

Le aziende, però, dovranno fare i conti con numerose difficoltà, come il rincaro delle materie prime causato dall’inflazione degli ultimi anni, la grave carenza di manodopera (si stima che nell’edilizia civile manchino fino a ottantamila lavoratori) e la scarsità di suoli urbani edificabili. La conseguenza è che costruire nuove case è sempre più difficile e costoso. Anche per questo, probabilmente, la crisi abitativa portoghese è destinata a trascinarsi ancora a lungo. Chi ne ha la possibilità, intanto, continua a investire nel mattone, convinto che i prezzi saliranno senza sosta. Ma presto potrebbe arrivare il momento in cui il mercato non sarà più in grado di reggere certi ritmi, obbligando i venditori ad accettare prezzi più bassi.

Questo testo è tratto dalla newsletter Economica.

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