Israele ha tenuto sulla corda l’acerrimo nemico per quasi un mese ma alla fine, come promesso, ha colpito. Le esplosioni che hanno squarciato la notte di Teheran hanno annunciato agli iraniani l’imponente operazione lanciata dallo Stato ebraico con il dispiegamento di un centinaio di aerei: eluse le fragili difese antiaeree, in tre ore sono stati centrati almeno venti tra siti militari, postazioni di missili e sistemi radar.
Benyamin Netanyahu dal suo bunker ha seguito l’attacco, scattato come rappresaglia ai razzi lanciati dal regime degli ayatollah il primo ottobre. Un blitz significativo, ma comunque non devastante, per andare incontro alle richieste degli Usa di evitare un allargamento del conflitto su scala regionale. Proprio nella logica di un’azione limitata, le autorità di Teheran sarebbero state informate attraverso terze parti prima che i caccia si alzassero in volo.
E la reazione della Repubblica islamica, non a caso, è stata quella di minimizzare i danni. Un segnale che il botta e risposta, almeno per il momento, potrebbe chiudersi qui.
“L’attacco sarà letale, preciso e sorprendente”, aveva assicurato nelle scorse settimane il ministro della Difesa Yoav Gallant. L’obiettivo, punire l’azzardo di Teheran, i suoi duecento missili balistici scagliati sul territorio israeliano per vendicare l’uccisione di Ismail Haniyeh e di altri quadri di Hezbollah. Così nelle prime ore di sabato è scattata l’operazione ‘Giorni del pentimento’, con un imponente dispiegamento di forze. Prima i jet e i droni hanno messo fuori uso le batterie di difesa aerea e radar in Siria e Iraq, per impedire l’intervento delle milizie sciite locali, poi è iniziato il bombardamento sugli obiettivi in Iran, tra cui le basi militari intorno alla capitale e nelle province di Khuzestan e Ilam. Attacchi “simultanei” a impianti di produzione di missili, postazioni di missili terra-aria e sistemi di difesa aerea, ha poi comunicato l’Idf dichiarando l’operazione conclusa, con il rientro “senza perdite” di tutti i velivoli.
Tra gli obiettivi anche un ‘componente speciale’ usato per alimentare i missili a lungo raggio Khaybar e Qassem. L’Iran non subiva un attacco di tale portata sul suo suolo dalla guerra con l’Iraq negli anni ’80.
Sempre il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, ha poi specificato che “ora abbiamo una maggiore manovrabilità aerea sull’Iran”. Si è trattato quindi di una dimostrazione di forza e della propria potenza militare piuttosto che di un’azione diretta a infliggere gravi danni. Un messaggio di deterrenza a Teheran, con l’avvertimento a non reagire che lo Stato ebraico – secondo Axios – ha inviato al suo rivale informandolo prima dei raid, “chiarendo in anticipo cosa avrebbe e cosa non avrebbe colpito”. Circostanza però seccamente smentita da Netanyahu.
La linea di un attacco moderato era quella auspicata da Washington, che aveva condotto un faticoso pressing sul premier israeliano per convincerlo a risparmiare le infrastrutture energetiche e gli impianti nucleari iraniani. Ed ora che il dado è stato tratto, Joe Biden ha espresso l’auspicio che l’operazione “Giorni del pentimento” ponga “fine” al ciclo di escalation.
A Teheran le reazioni del regime al bombardamento sono state ambigue. Nelle dichiarazioni pubbliche, la Repubblica islamica si è riservata il “legittimo diritto alla autodifesa, senza limiti, secondo la Carta Onu, e l’obbligo a difendere il Paese contro qualsiasi aggressione straniera”. Allo stesso tempo ha quasi irriso il nemico, affermando che “la montagna ha partorito un topolino”: ossia il raid avrebbe provocato solo danni limitati a qualche radar, oltre alla morte di quattro soldati.
Nel frattempo i Pasdaran hanno imposto ai media si sottolineare l’insuccesso dell’attacco ed hanno ordinato ai cittadini di non parlare con la stampa straniera. Tutti indizi, secondo fonti americane, che il regime stia “cercando una scusa per evitare ulteriori ritorsioni”. Indiscrezioni stampa hanno rivelato inoltre che Teheran avrebbe già fatto sapere a Israele che non risponderà all’attacco, nonostante le pressioni dei falchi. E ancora, lo spazio aereo è stato subito riaperto dopo l’offensiva israeliana, suggerendo che non ci sia una mobilitazione in atto.
La moderazione viene chiesta da tutti. Dagli Usa alla Russia, dall’Ue e all’Onu, fino ai Paesi arabi, pur nella condanna a Israele. Al momento i riflettori restano su Hezbollah e Hamas, che ovviamente hanno puntato il dito contro l’aggressione all’alleato. La risposta militare allo Stato ebraico per conto di Teheran, per ora, dovrebbe rimanere nelle mani dei miliziani in Libano e a Gaza.
Wafa, raid israeliano sulle case a nord di Gaza, almeno 30 morti
Almeno 30 civili sono stati uccisi da un attacco aereo israeliano su un isolato residenziale nella città di Beit Lahiya, nel nord di Gaza. Lo riferisce l’agenzia palestinese Wafa, parlando di un ‘bagno di sangue’. Fonti locali hanno riferito che più di 30 persone sono state uccise nell’ attacco, tra cui donne e bambini, e molti altri sono rimasti feriti.
L’attacco aereo ha preso di mira un isolato di almeno cinque case vicino alla rotonda occidentale di Beit Lahiya, che apparteneva alle famiglie Abu Shdaq, Al-Masri e Salman. Da Beit Lahiya stanno arrivando richieste di aiuto per recuperare altre persone rimaste sotto le macerie.
Hamas ha condannato l’attacco israeliano. “Il brutale crimine compiuto dall’esercito di occupazione terroristica a Beit Lahiya – riporta Anadolu citando una nota del gruppo di resistenza palestinese – rappresenta una delle forme più orribili di genocidio e di sfollamento forzato conosciute nei tempi moderni”.
“Questo crimine è una continuazione dei massacri in corso contro il nostro popolo nella Striscia di Gaza settentrionale, senza che il mondo si muova per fermarli”. Hamas afferma poi, nella nota, di ritenere “Washington e le capitali complici responsabili dei massacri e dello sterminio in corso nella Striscia di Gaza settentrionale”.
L’ emittente tv Al-Aqsa ha riferito che l’esercito israeliano “ha commesso un nuovo massacro a Beit Lahiya, uccidendo e ferendo decine di palestinesi”. L’attacco avrebbe colpito cinque case vicino alla rotonda occidentale della città, devastando un’area che ospitava molti residenti già sfollati
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