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Terrorismo: eliminato Abu Abdul Qader,«l’emiro» dello Stato islamico in Iraq

Terrorismo: eliminato Abu Abdul Qader,«l’emiro» dello Stato islamico in Iraq


Il leader dello Stato islamico in Iraq e otto comandanti di alto rango sono stati eliminati durante un’operazione delle Forze di sicurezza irachene. Lo ha annunciato il primo ministro iracheno, Mohammed Shia al-Sudani, che ha descritto l’operazione come «eroica e unica». noto anche con il nome di battaglia Abu Abdul Qader. Le autorità irachene hanno dichiarato che l’identità degli altri leader eliminati sarà confermata dopo gli esami del Dna. Oltre alla neutralizzazione dei comandanti, le Forze irachene hanno sequestrato ingenti quantità di armi, munizioni e attrezzature, scoperte in otto rifugi utilizzati dai terroristi. Le strutture sono state completamente distrutte, inclusa una grande officina per la fabbricazione di ordigni esplosivi improvvisati. Secondo quanto riferito dai responsabili delle operazioni congiunte, l’operazione è ancora in corso, con l’obiettivo di eliminare le restanti cellule terroristiche attive nella regione.

L’operazione segna un duro colpo per la struttura di comando dello Stato islamico in Iraq, che continua a essere presa di mira dalle forze di sicurezza irachene, con il sostegno della Coalizione internazionale. Lo Stato islamico, dopo aver preso il controllo di vaste aree in Iraq e Siria nel 2014, ha subito nel corso dei successivi anni ingenti sconfitte, fino alla perdita nel 2017 di tutte le più importanti aree conquistate nei due Paesi. Sebbene le capacità militari dello Stato islamico siano state ridotte, secondo un rapporto pubblicato recentemente delle Nazioni Unite, l’organizzazione terroristica continua a rappresentare una minaccia, operando a bassa intensità sia in Iraq che in Siria. A oggi le attività dello Stato islamico sono meno frequenti nei centri urbani e sono limitate prevalentemente alle zone rurali, in cui sono ancora basate piccole cellule, spesso «dormienti» ma che sono letali. Nel 2014 il Governo di Baghdad ha chiesto formalmente l’intervento internazionale per frenare il califfato. Ben 84 Paesi, tra cui l’Italia, hanno preso parte alla Coalizione internazionale «Inherent Resolve» e continuano a fornire sostegno alle Forze militari e di sicurezza irachene. Per le autorità di Baghdad e quelle di Erbil lo Stato islamico è stato quasi sconfitto, ma l’ideologia di fondo è dura a morire e sono presenti molte cellule dormienti che compiono attacchi. Sui social media della regione cosi’ come in Europa, circola ancora l’ideologia estremista, quindi significa che la battaglia non è finita, affermano le autorità locali, mettendo in guardia dal fatto che «la cronica mancanza di lavoro rende i disoccupati un facile bersaglio e l’ideologia estremista può facilmente attecchire e fare proseliti».

Propaganda dello Stato islamico

Le frequenti perdite di figure di alto rango dell’Isis sottolineano la pressione che il gruppo sta subendo da parte delle coalizioni internazionali e delle Forze regionali. Nel luglio 2023, l’allora leader dell’Isis Abu al-Husayn al-Hashimi al-Quraishi è stato ucciso in un assalto di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), gruppo jihadista sostenuto dalla Turchia in Siria che opera nella Siria settentrionale e che è stato sempre più coinvolto in scontri con i miliziani dell’Isis lungo il confine tra Iraq e Turchia. Con la morte di Jassim al-MajouriAbu Abdul Qadir e l’offensiva militare in corso, le Forze irachene sperano di interrompere le operazioni dello Stato Islamico nella regione di Hamrin.

L’Isis aspetta solo che gli americani lascino l’Iraq nel 2025

Tuttavia, gli esperti avvertono che senza una pressione continua, il gruppo potrebbe tentare di riorganizzarsi e continuare gli attacchi in stile guerriglia in Iraq e Siria e il ritiro completo dall’Iraq del contingente USA previsto per il 2025 rischia di diventare un boomerang come avvenuto in Afghanistan nel 2021. Secondo i dati del Comando Centrale degli Stati Uniti, pubblicati a gennaio 2024, l’Isis conta su circa 2.500 combattenti attivi tra Iraq e Siria, di cui circa 1.000 sono in Iraq. A proposito della Siria, secondo i dati del Counter Extremism Project (CEP) l’Isis ha effettuato almeno 16 attacchi a settembre nei governatorati di Aleppo, Homs, Hama, Raqqa e Deir Ez Zor. Questi attacchi hanno ucciso almeno 32 soldati pro-Assad e un civile e ne hanno feriti almeno altri 21. La frequenza degli attacchi dell’Isis a settembre è stata più o meno coerente con il numero di agosto. Tuttavia, a differenza di agosto, gli attacchi di settembre sono stati molto più letali e incentrati in modo schiacciante sulle Forze di sicurezza, con un solo attacco documentato contro i civili. Inoltre, lo Stato islamico sta ricostruendo la propria presenza in Africa e nell’Asia meridionale, in particolare in Afghanistan e Pakistan, grazie ai suoi affiliati, tra cui la Provincia dell’Africa Occidentale dello Stato Islamico, la Provincia del Sahel e la Provincia del Khorasan (Iskp). Quest’ultima ha condotto numerosi attacchi terroristici violenti nel corso dell’anno in Iran, Afghanistan, Turchia e Russia, tra cui un attacco del 22 marzo che ha causato oltre 140 vittime in una sala concerti a Mosca. Negli ultimi tre anni, l’Iskp si è evoluto da una branca provinciale dello Stato islamico, focalizzata principalmente sulla lotta al regime locale dei Talebani, in una delle organizzazioni terroristiche più note e pericolose al mondo. Questo spostamento verso la regionalizzazione e l’internazionalizzazione è stato in gran parte promosso dai militanti tagiki e uzbeki, che hanno orchestrato attacchi di alto profilo in Iran, Turchia e Russia tra il 2022 e il 2024 e che vogliono colpire l’Europa.

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