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Rivalutazione pensioni, come cambiano nel 2025 e cosa può succedere per chi lascia il lavoro

Rivalutazione pensioni, come cambiano nel 2025 e cosa può succedere per chi lascia il lavoro


Nel 2025 l’aumento delle pensioni non scatta solo per chi già riceve l’assegno, con la rivalutazione in base all’inflazione, ma anche per i nuovi pensionati: l’Istat ha comunicato il tasso di rivalutazione del montante contributivo, cioè dei contributi accumulati finora. Questo farà scattare un assegno più alto per chi lascia il lavoro l’anno prossimo.

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Quando si parla di aumenti delle pensioni e rivalutazione degli assegni, spesso ci si riferisce all’aumento che ogni anno avviene per i cedolini di chi è già in pensione. Ma esiste anche un altro tipo di rivalutazione: quella del cosiddetto ‘montante contributivo‘, cioè l’aumento automatico di tutti i contributi accumulati fino a quel momento. Anche questo avviene regolarmente, e beneficia chi va in pensione in quell’anno. Nel 2025, chi lascia il lavoro avrà un totale di contributi più alto del 3,6%.

La tabella della rivalutazione delle pensioni dal 2025 fascia per fascia

Il primo tipo di rivalutazione, quella che beneficia chi riceve già l’assegno, si basa sui calcoli dell’Istat riguardanti l’inflazione, e serve a tenere gli assegni al passo con l’aumento dei prezzi. Ad esempio, in attesa del dato ufficiale si stima che l’anno prossimo le pensioni aumenteranno dell’1,6% circa, con una percentuale più bassa man mano che l’importo sale. Nel complesso dovrebbe trattarsi di poche decine di euro al mese di incremento:

  • fino a 3 volte la pensione minima (1.795,82 euro lordi al mese), l’aumento sarà pari all’1,6% dell’importo
  • tra 3 e 5 volte la pensione minima (tra 1.795,83 euro e 2.993,04 euro), l’aumento sarà pari all’1,44% dell’importo
  • oltre 5 volte la pensione minima (2.993,05 euro), l’aumento sarà pari all’1,2% dell’importo

Di quanto aumentano gli assegni pensionistici con la rivalutazione dei contributi

Il secondo tipo, invece, interessa chi lascerà il lavoro nel 2025. La rivalutazione dei contributi si misura non sull’inflazione, ma sulla crescita economica del Paese. In particolare, si calcola un tasso di capitalizzazione che serve ad aumentare il montante contributivo.

Proprio come gli assegni di chi è già in pensione vengono aggiornati in base alla crescita dei prezzi, i contributi di chi ancora lavora vengono aggiornati in base alla crescita del Pil. Dal 1° gennaio 2025, i contributi aumenteranno del 3,6%, come ha comunicato l’Istat in una nota.

Per calcolare questo tasso di capitalizzazione si prende in considerazione la crescita del Pil negli ultimi cinque anni. Il tasso per il 2025, del 3,6%, è uno dei più alti registrati negli ultimi anni. Era dal 2006 che non si superava il 3%. Per il 2024 era stato del 2,25%, l’anno prima dell’1,7% e ancora prima dell’1,5%. Dopo il 2020, anno della pandemia da Covid-19, l’aggiornamento era stato pari allo 0%, mentre l’anno prima era ancora all’1,5%

A cosa serve avere un montante contributivo più alto

Come detto, il montante contributivo consiste in tutti i contributi versati finora, ma da questa rivalutazione si escludono quelli del 2024. Perciò, verranno aumentati tutti quelli versati fino al 31 dicembre 2023. Ad esempio, chi alla fine del 2023 aveva esattamente 100mila euro di contributi versati arriverà avrà circa 103.600 euro in tutto.

Questo significa che anche il calcolo della pensione sarà più favorevole. Infatti, dal 1996 in poi le pensioni vengono calcolate con il metodo contributivo. Significa che l’importo dell’assegno non dipende più dagli ultimi stipendi ricevuti, come era in precedenza con il sistema retributivo, ma dalla quantità di contributi versati. Per chi ha lavorato anche prima del 1996 il calcolo è misto (in parte contributivo, in parte retributivo), ma la sostanza non cambia. Avere più contributi versati significa ottenere anche un assegno più alto.





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