L’insediamento di Donald Trump si avvicina. E cresce intanto la curiosità su come cercherà di risolvere la crisi ucraina. Per il momento, non sono trapelati particolari dettagli. Alcuni dei piani che erano stati anticipati dalla stampa sono stati di fatto smentiti dal team di transizione presidenziale. Le incognite sono quindi, almeno al momento, piuttosto numerose. E non è detto che questa situazione non sia esattamente ciò che il presidente in pectore vuole.
Innanzitutto abbiamo il “mistero” della presunta telefonata tra Trump e Vladimir Putin dopo la vittoria del tycoon. A riportare la notizia è stato il Washington Post. Il presidente russo ha smentito che si sia tenuta, mentre dallo staff di transizione di Trump non sono arrivati commenti. Il colloquio ha avuto realmente luogo? Se non c’è stato, chi ha fatto trapelare alla stampa la falsa notizia? Per quale ragione? Perché Trump tace su questa circostanza?
Un’altra incognita riguarda la decisione, presa da Joe Biden, di consentire a Kiev di utilizzare i missili Atacms per colpire il territorio russo. Stanno circolando due teorie al riguardo. La prima, non certo improbabile, è che il presidente uscente abbia voluto mettere in difficoltà il successore nel suo intento di mettere fine alla crisi ucraina per via diplomatica. La seconda teoria è che la mossa di Biden sia stata concordata con Trump, quando i due si sono incontrati alla Casa Bianca la scorsa settimana. È vero che l’autorizzazione all’uso dei missili è stata aspramente criticata da vari alleati politici del tycoon e dal suo stesso figlio, Donald jr. Tuttavia è anche vero che prese di posizione ufficiali da parte del presidente in pectore e dal team di transizione non si sono avute. Quel poco che è stato detto si è rivelato infatti piuttosto aleatorio e generico. Anche in questo caso, dunque, non è del tutto chiaro come interpretare il silenzio di Trump.
Se è certo che il tycoon vuole tentare la carta diplomatica, questo non deve d’altronde far credere che ciò implichi un appeasement. La diplomazia ha infatti una dimensione legata al dialogo, ma anche una connessa alla pressione e alla minaccia. Senza trascurare che una delle esigenze primarie di Trump è quella di ripristinare quella capacità di deterrenza che Biden ha fondamentalmente azzoppato nel corso degli ultimi quattro anni. Non si può quindi escludere che il tycoon possa inviare ulteriore materiale militare a Kiev per potenziare la posizione negoziale di Washington agli occhi di Mosca. In altre parole, i silenzi di Trump potrebbero essere il frutto di un’ambiguità deliberata, volta sia a mettere psicologicamente sotto pressione la Russia in vista delle trattative sia a spingere Volodymyr Zelensky a sedersi al tavolo dei negoziati.
Infine, non è neppure escludibile che, nel processo diplomatico, l’attuale presidente in pectore punti ad andare al di là della sola triangolazione tra Washington, Kiev e Mosca. Trump potrebbe voler giocare su più tavoli contemporaneamente, per farli intersecare tra loro. Uno degli obiettivi del tycoon è quello di riannodare un rapporto con la Russia per cercare di scinderla il più possibile da Pechino. Del resto, nonostante si siano notevolmente rafforzate dal 2022, le relazioni sino-russe sono anche attraversate da alcune crepe significative: crepe che Trump potrebbe puntare ad allargare, facendo magari leva sull’India. Non si può quindi del tutto escludere che il tycoon possa ottenere risultati sul dossier ucraino magari scambiando pedine su un altro tavolo (come quello relativo al tentativo di incunearsi nei rapporti sino-russi).
Trump ha sempre fatto dell’imprevedibilità l’elemento chiave della sua strategia di negoziato e deterrenza. I suoi silenzi potrebbe significare che questa strategia, sul dossier ucraino, è già all’opera.